A te la mia gratitudine

A te la mia gratitudine.
Sei morto solo ieri
prima che ti potessi conoscere
prima che nacqui stamattina.
Che strano
svegliarmi nel tuo letto
accanto ai tuoi libri
ai vestiti che hai gettato per terra
sicuro come tutti di ritrovarli al tuo risveglio.

Nella tua generosità
hai lasciato a questo sconosciuto
tutto ciò che ti era caro:
l’affetto dei tuoi amici
una pietra preziosa sotto il cuscino
il tuo proprio corpo
e poesie di un’epoca passata.

Sono nato solo oggi
e non ho tempo né voglia di complessi di sopravvissuti.
A me la gioia dell’avventura
il diritto di ogni nuovo essere
di scoprire per me il tesoro delle persone che amavi
di conoscere i piaceri e i limiti di questo corpo miracoloso
di uscire nel mondo per sperimentare ed esplorare
meraviglie che non hai mai immaginato.

Perdonami quindi
se faccio di questo letto il mio
se metto i panni a lavare e se riporto i libri sulla libreria
forse stasera li regalerò a chi li vuole.
Ora però
l’alba sta per arrivare e devo uscire.
Ciao.

Llamadme por mis verdaderos nombres

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Al Plum Village (Francia) dove ho avuto la fortuna di passare un paio di settimane a giugno, oltre alla presenza mentale, la stabilità interiore e l’armonia fra persone, si addestra anche la pigrizia! Per tanti di noi non è facile stare fermi, senza far niente, senza dover far niente, e sentire la profonda sensazione che “questo è abbastanza”. Là è facile vedere la gente seduta a godersi un thé, a guardare i fiori, a sorridere solo perché quella spinta interiore a “fare qualcosa” si è placata un po’.

Nello spazio creato dallo smettere di “fare qualcosa” una gioiosa creatività emerge, insieme ai suoni di chitarra, di flauti, di voci.  Come questa canzone in spagnolo: “llamadme por mis verdaderos nombres”. E’ una poesia di Thich Nhat Hanh, messa in musica e cantata da Ana Badosa.

Ecco il testo in spagnolo e poi tradotto:

Llamadme por mis verdaderos nombres
No digáis que partiré mañana, pues aún estoy llegando
Mirad profundamente, estoy llegando a cada instante
para ser brote de primavera en una rama
para ser pajarillo de alas aún frágiles
que aprendo a cantar en mi nuevo nido
para ser mariposa en el corazón de una flor
para ser joya oculta en una piedra

Aún estoy llegando para reír para llorar
para temer para esperar
El ritmo de mi corazón
es el nacimiento y la muerte de todo lo que vive
de todo lo que vive… de todo lo que vive

Mi alegría es como la primavera
tan cálida que florece la tierra entera
Mi dolor es como un río de lágrimas
Tan vasto que llena los cuatro océanos
Llamadme por mis verdaderos nombres
os lo ruego para poder despertar
Que la puerta de mi corazón pueda quedar siempre abierta
la puerta de la compasión

Llamadme por mis verdaderos nombres
os lo ruego

Chiamatemi con i miei veri nomi
Non dite che partirò domani, perché sto ancora arrivando
Guardate profondamente, sto arrivando in ogni istante
Per essere un germoglio di primavera su un ramo
Per essere un uccellino con le ali ancora fragili
che impara a cantare nel mio nuovo nido
Per essere una farfalla nel cuore di un fiore
Per essere un gioiello nascosto in una pietra

Sto ancora arrivando per ridere per piangere
per temere per sperare
Il ritmo del mio cuore
è la nascita e la morte di tutto che vive

La mia allegria è come la primavera
così calda che fa fiorire la terra intera
Il mio dolore è come un fiume di lacrime
così vasto che riempie i quattro oceani

Chiamatemi con i miei veri nomi
vi prego, per potermi svegliare
Che la porta del mio cuore
possa rimanere sempre aperta
la porta della compassione

Chiamatemi con i miei veri nomi
vi prego

Sea!

Once upon a time
many many years ago
there was the great, great
sea.


The weight of the moon
as she circled the Earth
pulled
       and tugged on the sea.
Pushed
       and tugged.
The tides came
       and went
              and ebbed
       and flowed
in
       and out.
With the tide came waves
back
       and forth
              up
       and down
in
       and out.


Not on dry land did life first appear
       but among the flowing waves
and the rising tide
              and the back
and forth of the sea,
whose rhythms were reflected
in the first pulsations
of single-celled organisms.


Stay very, very still
and you will hear the sound of the sea.
       In
              and out.
In
       and out.
Our very breath reveals our origins
and the sea lives
       in the pushing
       and pulling
              in the tension
              and release
in the constant pulsations
of our heart.


We were conceived in the sea
of fluids created by our mother and father.
Back
       and forth.
In
       and out
as the primordial waters continued to flow.


And in the sea of our mother’s womb
we rested
as its rhythm echoed around us.


We are the amoeba, the spermatozoon,
the ovum.
We are the tadpole.
We are seventy percent water!
We are the sea.


Let’s listen again to our own song.


Sea forms an amoeba
and it is beautiful.
Sea forms a tadpole
and it is beautiful.
Sea forms a human body
and it is beautiful.
In the pulsations of the brain,
sea forms thoughts, ideas
       and feelings
and they are all beautiful!
And they are still Sea.


Press your hand to mine
and let us feel the ebb and flow.
The sea in our veins.
Together we are still seventy percent water!
Sea taking a form
to touch sea taking a form.

* * *

On dry land
sea walks.
       Sea produces thoughts of difference
       sea produces feelings of fear
and as the thoughts come
       and go
as the feelings rise
       and fall
sea forms throw rocks at sea forms.
Sea fires bullets at sea.
But how can sea kill sea?


Sea is neither killing sea nor dying.
Sea remains sea even if, among the amoeba,
       the tadpole, the human body
       or its pulsating brain,
sea rarely forms the thought
that recognizes sea as sea.


Come, let us go down
to the sea.
Let us listen to her song
       to our song
and as the tide rises with our breath,
ask:

“O Sea!
O Mother so vast and deep,
present in all of your forms.
You are our bodies, you are our thoughts.
Our joy and suffering
to you are only shifting and momentary waves,
but when you form joy, we are joy.
When you form suffering, we are suffering.
How can you permit this storm of confusion,
these waves of hate and discrimination?”


In
       and out.
Rise
       and fall.
Back
       and forth.


In
       and out.
Rise
       and fall.
Back
       and forth.

“Dear son, dear daughter,
I feel your concern, your desire
as they are sea forms like any other.
When concern forms in you,
       I have become concern.
When anxiety flows in the stream of your feelings,
       I have become anxiety.
They form
       and pass
They ebb
       and flow.
Whatever wave rises in your heart
I have become.

 

“Fear, concern, desire, confusion:
I am all of these.
How could it be otherwise?
Why do you expect Sea
to be anything other
than your very nature?

“Son, daughter, please listen,
return to your song, to my song.
Return to our shared rhythm
to hear yourself in me
to hear me in yourself
and in all sea forms.

“When the tide of compassion
rises in your heart
       – I am compassion.
When the wave of understanding
forms in the wet folds of your brain
       – I am understanding.

 

“Awake! And I will be awake.
Let me walk gently with your feet
upon my own sea body.
Let me look with your eyes
to admire my own sea splendor.

“It is with your lips
that I can smile upon my own sea form.
It is with your heart
that I can love.”

Terra! (Contemplazione prima di mangiare)

C’era una volta
non tanto tempo fa
questo cibo era terra.

Terra!
Come quella sulla quale abbiamo camminato poco fa:
polvere, piante, microorganismi e acqua
che fra poco diventeranno
le cellule del nostro corpo
le molecole delle nostre labbra che sorridono
le fibre dei nostri muscoli
i nervi che producono sensazioni
e il cervello che genera pensieri.

Dimmi, Terra:
dov’è il punto preciso
quando smetti di essere tu
e cominci ad essere me?

Questi denti che masticano
sono a loro volta terra.
Chi allora mangia chi?

Che possiamo mangiare in modo da nutrire la gratitudine, la pace e la compassione,
per il bene della terra e tutti i suoi volti.
Che possiamo imparare a vedere oltre l’illusione della separatezza
e riconoscere la nostra vera natura.

כוננות (Preparatezza alla guerra)

tornato dal turno di guardia mi svegli con violenza.
la luce brutale della tua torcia fa male agli occhi
e nella fretta hai lasciato la porta aperta.
il vento gelido fa tremare le braccia.

“sta arrivando, sei pronto?”

non è un sogno. in questo preciso istante
c’è chi cuce le divise con cura,
chi prepara le razioni, controllando
che non manchi un’oliva o un’arachide.
c’è chi insegna ai nostri figli a sparare
e chi dorme a quest’ora della notte
con gli stivali allacciati e le borracce e i caricatori pieni.

“sta arrivando, sei pronto?”

non tutti però siamo preparati. in questo momento
c’è chi impara a calmare la rabbia camminando sulla solida terra?
chi rafforza la capacità d’ascoltare e d’offrire sollievo e speranza?
c’è chi coltiva la fiducia per poterla condividere
con persone impaurite e confuse?
e chi s’addestra a mantenere vivo l’amore?

il tuo calcio impietoso scuote di colpo la branda.
“sta arrivando, svegliati.”

I fiori (mudità)

caro fiore,
da qui posso ammirare i tuoi nuovi petali
e nella luce della loro prima alba apprezzare
l’intenso colore della saggezza,
il profumo della compassione
e il delicato rumore della stabilità.

mi spiace solo di essere stato io
il fango che ha nutrito la tua giovane bellezza:
dalla delusione la tua saggezza ha tratto alimento,
dal dolore è nata la compassione.
nella instabilità le tue radici hanno trovato fondamento.

“ma guardati,” mi dici
“sei un bellissimo fiore anche tu”.
e nel fresco della rugiada si riflettono
tre petali ancora più teneri:
l’impegno, la chiarezza e la cura.

dallo stesso fango siamo entrambi sorti
a rendere omaggio allo stesso sole.

L’ospite

Cara rabbia, benvenuta.
Sembri stanca dopo il lungo viaggio:
i tuoi abiti sono sbiaditi e i tuoi sandali consumati.
Come Abramo il patriarca
apro la mia tenda per offrirti riposo,
acqua fresca e nutrimento.
“Un ospite è un messaggero di Dio.”

Raccontami, per favore, delle tue avventure,
dei luoghi e delle persone che frequentavi
passando di tenda in tenda
fino a trovarti qua.

So che non tutti conoscono la tradizione dell’ospitalità
(sono solo un principiante io)
perciò non sei stata accolta nel passato.
Stasera però, accendiamo un fuoco per riscaldarti.
E dopo cena sdraiamoci all’aperto
a guardare le stelle cadenti.

Disinnescami

Se io fossi una bomba
pronta ad esplodere,
se io fossi diventato
pericoloso alla tua vita,
dovresti quindi prenderti cura di me.
Pensi di poter scappare da me,
ma come?
Sono qui, proprio in mezzo a voi.
(Non mi puoi togliere dalla tua vita.)
E potrei esplodere
in qualsiasi momento.
Ho bisogno della tua cura.
Ho bisogno del tuo tempo.
Ho bisogno che tu mi disinneschi.
Sei responsabile per me,
perché hai fatto voto (e l’ho sentito)
di amare e di prendere cura.

So che per prenderti cura di me
hai bisogno di molta pazienza,
molta calma.
Mi rendo conto che anche in te
c’è una bomba da disinnescare.
Quindi perché non ci aiutiamo l’un l’altro?

Ho bisogno che tu mi ascolti.
Nessuno non mi ha ascoltato.
Nessuno capisce la mia sofferenza
compresi coloro che dicono di amarmi.
Il dolore dentro di me
mi sta soffocando.
E’ la TNT
di cui la bomba è composta.
Non c’è nessun altro
che mi ascolterebbe.
Perciò ho bisogno di te.
Sembra però che tu ti stia allontanando
Vuoi affannarti per la tua sicurezza,
una sicurezza che non esiste.

Non ho creato io la mia propria bomba.
Sei tu.
E’ la società.
E’ la famiglia.
E’ la scuola.
E’ la tradizione.
Quindi per favore non mi dare la colpa.
Vieni ad aiutarmi;
se no, esploderò.
Questo non è una minaccia.
E’ solo una supplica.
Ci sarò per aiutarti
quando toccherà a te.

Scritta da Thich Nhat Hanh, monaco vietnamita, durante la guerra americana.
Commenti e miglioramenti della traduzione sono benvenuti.


La determinazione

Le sofferenze di mille generazioni
di persecuzione, di pogrom
e di frustrazioni infinite
sono state passate a te questa mattina.
Da una parrucchiera!

Le sue parole dure erano presenti nel tuo stomaco teso
la sua paura si vedeva nei tuoi occhi arrabbiati.
E per un momento ho visto la catena ininterrotta,
il circolo di azione e reazione,
la trasmissione da cuore a cuore.

La sofferenza di una parrucchiera è adesso quella della mia amica
e quella della mia amica è diventata la mia.
Il tuo stomaco teso è presente nel mio giudizio duro
i tuoi occhi arrabbiati
si vedono nel mio respiro corto.

La mia aspirazione come un’asta di ferro
immersa profondamente nella terra della compassione e della fiducia:
“Questa catena termina qui.”

Il profeta disse che forgeremmo spade in vomeri.
Di una ho forgiato la gratitudine.


Tradotta dal originale inglese.