Il ritiro

Il ritiro è finito, è stato bellissimo e trasformativo. Vorrei descriverlo di più ma per ora è meglio lasciare che mi pervada. Molto più belle e descrittive di qualsiasi parola sono le foto di David Nelson del ritiro.

Dopo una settimana di meditazione, di pasti insieme e in silenzio, di condividere con nuovi e vecchi amici abbiamo partecipato nella celebrazione della “giornata ONU della festa di Vesak” e in una conferenza su “Buddhismo impegnato nel 21° secolo”. Che sensazione strana di uscire da un ambiente di tranquillità al caos di Hanoi, passare milioni di motorini e qualche povera bicicletta, il solito inquinamento, negozi di scarpe e di jeans fino ad arrivare a un enorme centro di convegni decorato di bandiere rosse e simboli buddhisti, a volte più tradizionali e a volte meno, come per esempio il colossale Buddha gonfiato e levitante, pareva di avere il rossetto e lo smalto rosso, con una svastica rossa tatuata sul petto.

Stavo là in mezzo ai monaci da tutto il mondo, dall’India, Sri Lanka, la Cina, gli Stati Uniti, la Spagna. Una grande celebrazione di colore di pelle e di colore di vestiti, di oggetti rituali, di tradizioni e di sorrisi. In totale eravamo in 5000.

Il 15 ho presentato una discussione sul conflitto israeliano-palestinese visto da una prospettiva buddhista. Poi, quando era tutto finito ieri sera, sono tornato al albergo in moto, questa volta guidando. Non avevo paura del traffico, ma un pochino di trepidazione c’era per il freno anteriore mancante, il freno posteriore che faceva più rumore che altro e il fatto che non mi serviva la frizione per cambiare marcia.

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