I fiori (mudità)

caro fiore,
da qui posso ammirare i tuoi nuovi petali
e nella luce della loro prima alba apprezzare
l’intenso colore della saggezza,
il profumo della compassione
e il delicato rumore della stabilità.

mi spiace solo di essere stato io
il fango che ha nutrito la tua giovane bellezza:
dalla delusione la tua saggezza ha tratto alimento,
dal dolore è nata la compassione.
nella instabilità le tue radici hanno trovato fondamento.

“ma guardati,” mi dici
“sei un bellissimo fiore anche tu”.
e nel fresco della rugiada si riflettono
tre petali ancora più teneri:
l’impegno, la chiarezza e la cura.

dallo stesso fango siamo entrambi sorti
a rendere omaggio allo stesso sole.

L’ospite

Cara rabbia, benvenuta.
Sembri stanca dopo il lungo viaggio:
i tuoi abiti sono sbiaditi e i tuoi sandali consumati.
Come Abramo il patriarca
apro la mia tenda per offrirti riposo,
acqua fresca e nutrimento.
“Un ospite è un messaggero di Dio.”

Raccontami, per favore, delle tue avventure,
dei luoghi e delle persone che frequentavi
passando di tenda in tenda
fino a trovarti qua.

So che non tutti conoscono la tradizione dell’ospitalità
(sono solo un principiante io)
perciò non sei stata accolta nel passato.
Stasera però, accendiamo un fuoco per riscaldarti.
E dopo cena sdraiamoci all’aperto
a guardare le stelle cadenti.

Disinnescami

Se io fossi una bomba
pronta ad esplodere,
se io fossi diventato
pericoloso alla tua vita,
dovresti quindi prenderti cura di me.
Pensi di poter scappare da me,
ma come?
Sono qui, proprio in mezzo a voi.
(Non mi puoi togliere dalla tua vita.)
E potrei esplodere
in qualsiasi momento.
Ho bisogno della tua cura.
Ho bisogno del tuo tempo.
Ho bisogno che tu mi disinneschi.
Sei responsabile per me,
perché hai fatto voto (e l’ho sentito)
di amare e di prendere cura.

So che per prenderti cura di me
hai bisogno di molta pazienza,
molta calma.
Mi rendo conto che anche in te
c’è una bomba da disinnescare.
Quindi perché non ci aiutiamo l’un l’altro?

Ho bisogno che tu mi ascolti.
Nessuno non mi ha ascoltato.
Nessuno capisce la mia sofferenza
compresi coloro che dicono di amarmi.
Il dolore dentro di me
mi sta soffocando.
E’ la TNT
di cui la bomba è composta.
Non c’è nessun altro
che mi ascolterebbe.
Perciò ho bisogno di te.
Sembra però che tu ti stia allontanando
Vuoi affannarti per la tua sicurezza,
una sicurezza che non esiste.

Non ho creato io la mia propria bomba.
Sei tu.
E’ la società.
E’ la famiglia.
E’ la scuola.
E’ la tradizione.
Quindi per favore non mi dare la colpa.
Vieni ad aiutarmi;
se no, esploderò.
Questo non è una minaccia.
E’ solo una supplica.
Ci sarò per aiutarti
quando toccherà a te.

Scritta da Thich Nhat Hanh, monaco vietnamita, durante la guerra americana.
Commenti e miglioramenti della traduzione sono benvenuti.


La determinazione

Le sofferenze di mille generazioni
di persecuzione, di pogrom
e di frustrazioni infinite
sono state passate a te questa mattina.
Da una parrucchiera!

Le sue parole dure erano presenti nel tuo stomaco teso
la sua paura si vedeva nei tuoi occhi arrabbiati.
E per un momento ho visto la catena ininterrotta,
il circolo di azione e reazione,
la trasmissione da cuore a cuore.

La sofferenza di una parrucchiera è adesso quella della mia amica
e quella della mia amica è diventata la mia.
Il tuo stomaco teso è presente nel mio giudizio duro
i tuoi occhi arrabbiati
si vedono nel mio respiro corto.

La mia aspirazione come un’asta di ferro
immersa profondamente nella terra della compassione e della fiducia:
“Questa catena termina qui.”

Il profeta disse che forgeremmo spade in vomeri.
Di una ho forgiato la gratitudine.


Tradotta dal originale inglese.

A professo’


Mi chiedi perché ti ascolto,
che importanza abbia il fatto che oggi
hai parlato con tua sorella
hai giocato con una bimba
e hai provato rimorso
mangiando un essere vivente?

E’ vero che sono uno studente promiscuo
che segue maestri esotici e illustri.
Nella mia lingua di concetti e di astrazioni
mi istruiscono: ascolta, ascolta.

Se oggi tutti avessero dato ascolto a un familiare
ci sarebbe meno guerra.
Se oggi tutti avessero giocato con una bimba
ci sarebbe meno corruzione.
Se oggi tutti avessero meditato su cosa stavano consumando
ci sarebbe meno fame.
Se oggi io avessi mostrato la tua umiltà
sarei più felice.

Cara maestra, non vedi che la lezione che impartisci tu
è quella più preziosa?
E che la mia è solo ricordarti che siamo nella tua aula?

Aspetto con gioia la prossima lezione.

L’intelligenza

Caro ragno che sei perfetto
benedetto di ogni dote necessaria
gambe, occhi e soprattutto istinto.
Fai casa senza volerlo
ti alimenti senza deciderlo.
Privo di un singolo pensiero
l’intelligenza sublime che esprimi non è nel tuo cervello microscopico
ma nel tuo esistere.

Cara vespa che sei perfetta
complessa di corpo e di comportamento
capace di navigare senza pensiero
di vivere e di morire senza esitazione.
Intelligente non sei.
Il tuo essere però è una manifestazione
di un’intelligenza vasta e profonda.

Cara vita di infinite manifestazioni
di replicazione, di variazione e di mutazione continua.
Vedo nelle tue forme
che l’intelligenza suprema e originaria sei tu.
E che la mente umana è la vera intelligenza artificiale.

Il pensiero astratto, l’immaginazione e la razionalità
permettono ai tuoi volti umani di inventare, pianificare, costruire,
eliminare, inquinare, distruggere e annientare.
Consapevoli, quanto il ragno e la vespa,
dei motivi e dei risultati della loro attività
fino al punto che l’intelligenza artificiale minaccia il suo creatore.

Cara vita misteriosa, rivelati, rispondimi.
Perché giochi questo gioco d’azzardo?
Perché fai la gara con te stessa?
Hai dato luce al pensiero che ti minaccia
e anche alla consapevolezza capace di salvarti.

Cara vita, non sono in grado di prevedere l’esito del tuo gioco.
La mia mente è incapace – quanto la tela del ragno e le ali della vespa – di comprendere la tua complessità.

Cara vita, mi arrendo alla tua intelligenza originaria.
Mi affido a entrambe le doti che possiedo: il pensiero e la consapevolezza
come il ragno si affida alle sue gambe
e la vespa alla sua navigazione.

Cara vita che sei perfetta, mi arrendo a te.

Brividi di liberazione

Brividi freddi in questa sera calda e appiccicosa, sulle braccia nude e dietro il collo.

Apro gli occhi e si rivela il mondo fisico: persone separate, distinte e uniche, come palle da biliardo, con i propri interessi, i propri desideri, pensieri, identità. Entità autonome che si relazionano fra di loro.

Chiudo gli occhi e li riapro. Si rivela il mondo assoluto: onde di emozioni, di idee, di materiale che attraversano l’oceano dell’esistenza. Momenti che portano momenti, un continuo di trasmissioni.

Li richiudo e li riapro. Siamo piccoli e fragili, limitati al periodo dalla nascita alla morte. Possediamo solo ciò che è fra le nostre mani e nei nostri conti correnti, e rischiamo di perdere tutto.

Li chiudo e li apro. Siamo le nostre azioni e i loro frutti per mille generazioni, catene infinite di causa ed effetto che nessuno ci può rubare. L’unica cosa che possediamo è la sempre-presente capacità di dare, di comprendere, di trasformare. Tutto ciò che siamo ci ha preceduto e tutto ciò che siamo continuerà.

Li richiudo e li riapro.
Individui, popoli, stati.

Li richiudo e li riapro.
L’eterno e l’infinito mutare del cosmo.

Li chiudo e li apro e i due mondi, il relativo e l’assoluto, coesistono. Per un attimo li posso vedere insieme come le immagini satellitari e gli schemi stradali sovrapposti su Google Earth.

La liberazione non è lasciare un mondo per l’altro. E’ la libertà di passare fra i due. Posso trasformare la catena di sofferenza solo con persone esistenti e presenti. Per non rimanere ferito dalle espressioni della sofferenza nel mondo fisico, passo al mondo eterno e ricordo che non c’è niente che mi può minacciare. E’ una libertà di scegliere l’oggetto della mia coscienza nonostante le abitudini della mente. Un dolore da accogliere o un’ispirazione che dà forza, dentro o fuori – è una scelta consapevole.

Accetto l’invito dei brividi a tornare a questo corpo e a queste emozioni. Calmando i sensi riconosco la presenza della paura e della rabbia. Che posso fare con queste onde, simultaneamente mie e non-mie?

Le posso solo accettare, con un amore simultaneamente mio e non-mio.

Una passeggiata notturna

Caro eucalipto,
scendo queste scale ogni giorno
e non ti vedo mai.
Il tuo tronco, forte e alto,
mi porta gli occhi con sé al cielo.
Ah. E’ un momento d’intimità.
La luna ti bagna le foglie nella sua luce.
L’assorbi e la porti ad ogni tua cellula.
Ditemi, per favore:
è un appuntamento o vi siete incontrati per caso?

Cara palma, buona sera.
Sembri sola, circondata
di cemento e d’asfalto.
Sotto terra però, hai le radici
robuste quanto i tuoi rami,
accolte dalla terra
nella quale giochi con tanti esseri
e flirti con altre radici.

Caro tassista, grazie per il concerto.
Le note e il ritmo del tuo clacson
esprimono il tuo cuore,
una mancanza di parole,
e la frustrazione di questa mattina
e di decenni fa.
Sai che adesso, qui, la luna ti bagna nella sulla luce?
Che le tue gomme restano salde salde sulla terra?
E che siamo qui, tutti, ad ascoltare la voce del tuo essere?

Questa sera
non sono altro che un punto d’incontro
fra l’eucalipto, la palma e il tassista.
Ed è sufficiente.

La ricetta per il sugo

A una giovane amica in occasione del suo matrimonio

La ricetta per il sugo
(il talismano della felicità)


Gli ingredienti migliori ci sono.
Nella padella già si trova l’olio d’oliva puro
e due spicchi d’aglio dimezzati (longitudinale)
insieme a un peperoncino piccolo piccante rosso pieno.
I pomodori pelati aspettano con pazienza
(cinque minuti in un bagno di acqua molto calda e si pelano da soli)
e un fuoco basso è acceso.

Cambierà il colore dell’aglio.
La forma dei pomodori subirà delle metamorfosi
e
passeranno odori diversi.
Non c’è motivo (
in ebraico, “non c’è gusto/sapore”) di preoccuparsi,
non c’è motivo di aver fretta.
Non c’è motivo di cercare o di decidere
perchè il gusto c’è davanti agli occhi.

Quando godiamo degli odori uno per uno,
quando apprezziamo ogni metaformasi così com’è
e quando cambiamo insieme al sapore
un altro ingrediente c’è
un altro ingrediente è maturo
ed è sempre stato maturo.

Sciuc Mahane Yehuda, Gerusalemme
Tradotta dal
ebraico originale