Una parola

Caro Dio,

So che normalmente preferisci che lettere di richiesta vengano scritte a un tuo rappresentante come Santa Claus, Gesù Cristo o il muro del pianto. Ma vorrei mandare quest’appello direttamente a te, qui sul blog, perché so che almeno tu lo leggi.

Caro Dio,

Mi serve una parola.

E’ quasi un centennio che da queste parti esiste un circolo vizioso di odio, paura e violenza. Le radici arrivano da più lontano: a livello ideologico l’idea dell’autodeterminazione dei popoli, un’invenzione europea che, guardando indietro alle guerre di rivoluzione e di successione e alle pulizie etniche, non era forse un granché; a livello psicologico l’incapacità di ascoltare o di cercare di capire l’altro, di poter prendere un respiro e un passo indietro di fronte alla rabbia, questa caratteristica è comune a tutti i membri di questa specie umana e il motivo per la sua esistenza lo saprai solo tu.

Ma un circolo lo è, e più uno cerca di colpevolizzare e disumanizzare una parte o un’altra, più uno prova a semplificare la storia in bianco e nero, più il circolo, la violenza e la tragedia si rafforzano. Guardo i passi avanti della Sudafrica, dell’Irlanda e degli Stati Uniti e mi chiedo perché non succede anche qui. Lì almeno l’idea di una nazione poteva servire come un punto comune, un modo di superare le differenze e vedere che siamo alla fine una cosa unica. Ma qui quell’idea nazionale ci divide. Mentre sia un bianco che un nero può essere sudafricano, qui un israeliano è un israeliano e un palestinese è un palestinese.

Non sto facendo nessun appello per un unico stato, anzi credo che quello ci porterà solo più conflitti e confusione. Ma ci dev’essere una qualche parola che può includere sia ebrei che arabi, israeliani che palestinesi. Qualcosa che dice, “noi, qui gli abitanti della Terra di Israele (o della Palestina, manca anche un nome comune per il territorio)”. Invece, ogni volta che parliamo della pace è fra due cose separate, e purtroppo l’illusione che siamo separati è uno dei fattori per cui crediamo che far male all’altro ci porterà più benessere o sicurezza. Anche con due stati, anche con due lingue, anche con tre, quatto, cinque religioni diverse, anzi, proprio perché c’è tutta questa bellissima diversità, abbiamo bisogno almeno di una parola che ci ricorda del nostro interessere. Così potremo dire, “noi, gli israestinesi, facciamo la pace fra tutti noi. Scegliamo noi, gli israestinesi, di vivere in armonia e rispetto fra individui e fra nazioni. Noi, gli israestinesi, abbiamo superato le difficoltà e le paure che avevamo costruito insieme, e insieme siamo riusciti a creare una nuova realtà”.

Mi dispiace ma “israestinesi” è proprio brutta come parola e non è neanche tanto efficace nel dare un senso di unità. Tu hai creato e dato forma a così tante cose di una bellezza straordinaria. Che ce dai ‘na parola in più?

2 pensieri su “Una parola

  1. Thanks for your words (I’ve just read your last few posts together) – they have helped to calm some of the anger that I feel at the moment towards one of the sides of the conflict in particular.
    I think you are right when you say we need to use Love, not Hate/Judgement/Condemning, and that we need to start on the process with ourselves, then move out in with patience in widening circles. However the risk with this approach is that the ever increasing acts of violence between the two opposing sides are left unchecked in the meantime, and the longer they continue the more the cycle of violent reprisals becomes harder to break.
    Surely we also need to speak out when something completely inhuman is perpetrated, surely we also (and by ‘we’ I refer both to our leaders and to us ‘mere’ individuals) need to take a stand when something has gone too far? In South Africa towards the end of Apartheid the international community gradually increased its indignation and actions (trade and cultural sanctions, sport boycotts, removal of international memberships etc.), and at the same time an increasing part of the white oppressors came to realise that the situation was untenable, in line with the ever increasing wrongs of apartheid. Surely also in this case the international community needs to raise its voice more, to take a stand when EITHER side in the conflict uses completely inhumane methods?
    Apologies for the reply in English! And thank you again for restoring some of my faith in humanity,
    Ken

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